Cenni storici

 

L'insediamento dei primi gruppi umani nella Valle d'Aosta si colloca intorno al IX millennio prima di Cristo.

Successivamente e a più riprese giunsero genti liguri, che si stanziarono dapprima nelfondovalle della Dora e poi nelle vallate minori. Più tardi, fra il XI e VIII secolo a.C., vennero a stabilirsi nell'area valdostana anche popolazioni celtiche provenienti dal bacino danubiano.

Nel II secolo a.C. la regione fu occupata dai salassi, una popolazione di stirpe ligure-gallica affine ai Tarini, che dovettero ben presto difendersi dalle mire espansionistiche dei Romani, interessati ad assumere il controllo di un territorio molto importante per la sua posizione strategica.

Nel 143 a.C. i Salassi furono sconfitti dalle legioni del console Appio Claudio Pulcro, ma riuscirono tuttavia a resistere alla dominazione romana fino al 25 a.C. quando dovettero soccombere alle forze del luogotenente di Augusto: Aulo Terenzio Varrone.

In età augustea la Valle d'Aosta dovette svolgere nell'ambito dell'impero un ruolo strategico di notevole rilievo. Lo testimoniano, oltre alla strada consolare che da Ivrea attraverso l'Alpis Graja conduceva a Lione, le grandiose mura di Aosta e le innumerevoli vestigia d'opere difensive e di tracciati stradali presenti in diverse località della valle.

Non si conosce con certezza in quale epoca il cristianesimo si sia diffuso nel territorio; certo si sa che, dopo aver fatto parte della Diocesi di Milano e Vercelli, Aosta fu costituita in diocesi autonoma nel 451 sotto il vescovo Eustasio.

Dopo aver subito sporadiche invasioni di Burgundi e varie dominazioni da parte di Ostrogoti, Bizantini e Longobardi, la valle entrò a far parte nel 774 del regno Franco e nel 904 del regno di Borgogna.

Nel 1025 Umberto Biancamano, per concessione dell'imperatore Corrado I Salico, divenne Conte di Aosta inaugurando nella valle il dominio dei Savoia. A ricoprire la carica comitale in Aosta prima del capostipite sabaudo erano stati vescovi locali, il cui ruolo continuò tuttavia a restare determinante anche in seguito. Inizialmente i Savoia furono più che altro interessati al controllo dei valichi, per i cospicui introiti che assicuravano i loro pedaggi e per accattivarsi la devozione delle gerarchie ecclesiastiche e dell'aristocrazia lasciarono sempre che la valle godesse di una larga autonomia amministrativa rispetto al governo centrale, basata su antiche consuetudini e norme giuridiche che si tramandavano verbalmente.

Allo scopo di porre un freno agli abusi dei feudatari, nel 1191, Tommaso I di Savoia emanò una "Charta libertatis", con cui venivano concessi alla città di Aosta privilegi ed esenzioni che successivamente furono estesi anche agli altri centri maggiori.

Lo spirito autonomistico dell'odierna Valle d'Aosta affonda le sue radici in una lunga tradizione di autonomia politica basata, fin dal XIII secolo, su assemblee, in un primo tempo a carattere episodico, che in seguito andarono via via assumendo la forma di un sistema parlamentare. In particolare vanno ricordate l' "Assemblea dei tre stati" ed il "Conseil des commis", gloriose istituzioni valdostane di cui si conservano i verbali di tutte le sedute che si svolsero dal 1531 al 1584.

I valdostani furono sempre fedeli ai Savoia; anche durante l'occupazione del Piemonte sabaudo (1536-1559) seppero resistere ai francesi, che dovettero riconoscere la neutralità della valle, unico possedimento rimasto nelle mani di Carlo III di Savoia.

Solo per brevissimi periodi, nel 1691 e nel 1704-1706, i francesi riuscirono ad impadronirsi della Valle d'Aosta che, anche in età napoleonica, quando insieme al Piemonte fu annessa alla Francia, non venne mai completamente acquisita dal nuovo regime.

Dopo la restaurazione la Valle d'Aosta, che allo scoppio della rivoluzione francese aveva dato rifugio a molti proscritti, mostrò chiare inclinazioni verso un ritorno all' Ancien régime. Ostile al corso liberale, anche con la proclamazione del regno d'Italia continuò a restare fedele ai Savoia che la elessero a meta prediletta per la caccia e la villeggiatura.

Durante il regime fascista le rivendicazioni autonomistiche furono ridotte al silenzio per quasi un ventennio finchè alla fine del 1943, in seno al movimento di resistenza che si andava organizzando, tornò a riaffiorare la questione dell'autonomia valdostana.

Alla cosiddetta dichiarazione di Chivasso, di cui Emile Chanoux, ucciso dai nazifascisti, era stato uno dei promotori, seguì la relazione di Federico Chabod, presentata al Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia, che l'accolse favorevolmente dando subito inizio alla fase esecutiva. Dopo un interminabile susseguirsi di decreti legge, alla regione fu finalmente riconosciuto un vero e proprio potere normativo con garanzia costituzionale solo il 26 febbraio 1948.