La fiera di Sant Orso
Cenni storici
La fiera dell'artigianato valdostano
Un
giorno, forse, qualche storico ci dirà che la nostra Fiera è
nata con Sant'Orso o dopo che fu costruito l'"Hospitale Sancti Ursi",
che però non ha data di nascita (ma che era già antichissimo
nel sec. XIII: "vetus hospicium sancti Ursi"). Un giorno, forse,
qualcuno ci informerà che essa ha finalmente un'origine più
vicina alla realtà che non alla leggenda o alla tradizione. Sino a
quel giorno, però, la data di nascita della Fiera di Sant'Orso corrisponderà
all'alba di un freddo mattino d'inverno del fatidico anno 1000, quando ancora
nel cuore degli uomini c'era traccia del terrore per il presunto avvicinarsi
della fine del mondo e già la speranza in un futuro pieno di promesse.
Il canonico François Gabriel Frutaz ha pubblicato nel "Messager
Valdôtain" dell'anno 1916 un articolo intitolato: "La Foire
de Saint-Ours à Aoste" in cui accenna ad un "parchemin du
bon Amé IV en l'an de grâce 1243" che riportava la notizia
di questa fiera "curieuse" che aveva luogo "irrévocablement"
il 31 gennaio, "de huit heures du matin au coucher du soleil" (dalle
ore otto del mattino al calar del sole). Ma nessuno è riuscito, dopo
il Frutaz , a rintracciare questa pergamena, e bisogna allora giungere all'anno
1305 per aver una notizia storica della nostra Fiera "Item in festo Sancti
Ursi, et per tres dies ante ipsium festum, et per tres dies post ipsium festum,
episcopus habet terciam parte omnium pedagiorum et omnium proventum nundinarum
ipsarum, salvo banno vini quod totum est episcopi" gli anni il 30 e 31
di gennaio. In questi due giorni oltre 1000 artigiani valdostani e decine
di migliaia di visitatori si incontreranno nella più antica fiera dell'artigianato
tipico del mondo.
Mgr Joseph-Auguste Duc nel presentare i manoscritti da lui pubblicati, a proposito
di questa notizia afferma: "
Ce devait être una foire importante,
car elle durait six jours, trois jours avant le Ier février, fête
de saint-Ours, fondateur de l'insigne Collégiale, et les trois jours
suivants. Peut-être était-ce la seule foire qui se tînt
à Aoste en ce temps? Le comte de Savoie se réservait certains
droits sur les produits de cette foire; mais ils étaient bien mesquins,
puisque le tiers, qui était dévolu à l'évêque,
n'était que de trois sous, c'est-à-dire, 4 livres environ".
Hanno
dunque inizio qui le contraddizioni sull'origine e la durata della Fiera.
Infatti, il Frutaz avvalendosi di documenti di cui non possediamo l'originale,
afferma che la stessa aveva la durata di un giorno, mentre il Duc, pubblicando
la notizia avuta dalla raccolta dei "Cens" (Censi) parla di sei
giorni. Ma nessuna delle quattro tra le più autorevoli fonti storiche
locali, fanno cenno alla fiera di Sant'Orso. Per cui, se non avessimo le notizie
reperite dal Frutaz e dal Duc, e che sono limitate ai secoli XIII e XIV, nulla
potremmo dire di questa Fiera sino al secolo scorso. Il canonico Marguerettaz,
nel suo "Mémoire sur les anciens hôpitaux d'Aoste",
afferma, a mò d'introduzione alla presentazione storica dell'antico
"Hôpital de St-Ours", che soltanto pochi anni prima che egli
redigesse questo testo (1876) "on a vendu comme objet d'antiquité
le devant d'un ancien autel de la paroisse de St-Christophe, On voyait representé
en relief le glorieux Saint-Ours distribuant de ses mains des souliers aux
pauvres", e quindi conclude: "cette
pratique
se conserva plusieus siècles dans la Collégiale fondée
par ce saint, pour perpétuer le souvenir de cette espèce d'aumône
qu'il pratiquait, parmi tant d'autres". Se ancora esistesse questo "devant
d'autel", esso potrebbe essere il simbolo più antico e prestigioso
dell'attuale Fiera di S. Orso. Infatti, lo stesso Marguerettaz afferma che
"quelques-uns veulent dire que cette distribution de souliers des pauvres
introduisit le marché des utensiles et vases de bois, qui se fait encore
aujourd'hui la veille de Saint-Ours, au devant de la maison, où était
l'ancien hôpital, et des maisons voisines, en face de la ruelle qui
conduit de la grande rue à l'église de St-Ours". Ma si
ha notizia sin dall'anno 1177 dell'ospedale detto di Sant'Orso, e quindi può
essere che questa distribuzione di zoccoli ai poveri, e di altri oggetti od
attrezzi di legno per il lavoro dei campi e per la casa, fosse una tradizione
antichissima.
La
testimonianza che parla della durata di 6 giorni può essere attendibile
se si ritiene la manifestazione legata inizialmente ad una sorta di veri e
propri "mercuriali", che, nella ricorrenza della festività
di S. Orso, all'avvicinarsi della primavera, assumevano grande importanza
per la compra-vendita di tutto ciò che poteva servire al contadino
per i lavori campestri, artigianali o casalinghi. È certo che a partire
dalla fine del XIV sec. e dall'inizio del XV essa perse la sua primitiva importanza,
o addirittura non ebbe più luogo. Dunque, sicuramente a quell'epoca
la fiera di Sant'Orso o non aveva più luogo o non aveva più
scopo filantropico (più nessuna distribuzione di zoccoli ai poveri,
come forse era stato per il passato); in ogni modo, essa non godeva certo
di molto prestigio nei confronti delle altre fiere o mercati cittadini.
Arriviamo al secolo scorso: Nel giornale "Indépendant" del
febbraio del 1857 leggiamo che la nostra Fiera durava : " l'espace d'un
matin". Nel 1866, la commissione eletta, come leggiamo in un "Avis
de Concours" riferentesi alla Fiera , a firma del canonico E. Bérard,
doveva passare in rassegna gli espositori
verso le ore 7 del mattino; ciò che conferma che la Fiera doveva essere
tradizionalmente mattutina o addirittura antelucana e di breve durata. Di
certo le poderose arcate della Porta Pretoria dovettero attirare, per il riparo
che offrivano agli artigiani e alla loro merce, quanti, avendo abbandonato
la località primitiva (nelle adiacenze del vecchio Hôpital de
Saint-Ours, oggi Maison Rebogliatti) e un tratto della via Sant'Anselmo e
di via della Porta pretoria.
In questo dopoguerra, dopo essere vissuta in questo scorcio di secolo con
più o meno fortuna e con interruzioni in almeno tre periodi: all'epoca
delle guerre mondiali e per buona parte del ventennio fascista, la Fiera di
Sant'Orso ha assunto proporzioni grandiose. Ha aperto le braccia non solo
agli artigiani del legno, ma a quelli del ferro battuto, della pietra ollare
e dei "draps" locali. E' diventata infatti, una tradizione alpina.
Questi cenni storici sulla millenaria Fiera di Sant'Orso sono tratti da: "Una delle più antiche, più originali (ed anche misteriose) fiere del mondo" di Réné Willien; e pubblicate dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta e il Comune di Aosta, in occasione della 984a Fiera svoltasi nell'anno 1984.
La fiera oggi...
Un
tempo gli artigiani-contadini partivano già il giorno prima dal loro
villaggio (o addirittura due giorni prima se si trattava di arrivare dalle
valli lontane di Gressoney, Champorcher e Ayas!).
Partivano col mulo e il carretto e viaggiavano ore ed ore, di giorno e di
notte, per poter giungere in tempo alla "Veulla" ed occupare, prima
che lo facessero altri, un tratto di marciapiede della via S. Anselmo o uno
spiazzo di pochi metri quadrati a ridosso di una delle due Porte Pretoriane.
Si accovacciavano vicino alle loro cose e attendevano l'alba sonnecchiando
e cercando, con sorsi di vino o di grappa, di vincere la morsa del freddo.
Le due giurie passavano prima dell'alba, a controllare gli oggetti e vincolava
quelli da premiare.
O
ggi
più nessuno dorme accanto alla merce da vendere: perché più
nessuno scende dalla montagna col mulo e il carretto. E dunque, che cosa è
diventata oggi la Fiera? Accanto al filo storico delle cose, si è creato
un movimento artistico, che con un occhio al passato, guarda avanti nel tempo:
giovani e meno giovani, senza farlo come una volta per necessità, hanno
scoperto in loro stessi una capacità artistica, che ha portato ad infoltire
la schiera di scultori, intagliatori, ceramisti,...... Questo ha fatto si,
che quello che un tempo era poco più di uno scambio di merci, diventasse
una vera e propria esposizione artistica a cielo aperto. Al punto tale da
trasformare ogni 30 e 31 gennaio Aosta, da sonnacchiosa città di provincia,
in una città viva e pulsante, nelle cui vie, al Patois e all'Italiano,
si mescola il Francese, il Piemontese, il Lombardo.... Aosta in quei giorni
diventa veramente il Carrefour d'Europe.
Una
visita della città nei giorni della fiera, se per certi aspetti può
essere stancante, diventa un modo per sentirsi partecipi di un evento che
non ha eguali in tutto l'arco alpino. E se nella notte del 30, seguendo la
musica, o qualche gruppo di persone, che si infila in qualche portone....,
avrete la ventura di essere invitati a qualche "veillà",
il vino, il cibo, la musica, l'allegria e i canti, vi saranno compagni fino
alle prime luci dell'alba.
Potete comunque trovare molte altre informazioni sulla fiera visitando il sito ufficiale: